copia esecutiva dell’atto
notarile di apertura di credito in conto corrente, (il)legittimità
Not. Maria Michela Altiero
25.01.2002
A fini
statistici, mi piacerebbe sapere come si regola la maggioranza dei notai in merito
al rilascio di copie esecutive degli atti di finanziamento consistenti in
aperture di credito in conto corrente.
Not. Diego Podetti
26.01.2002
Il
problema è stato affrontato dalla più recente dottrina con diverse soluzioni.
Secondo
Lops (Lops – CNN, "Studi e materiali" n. 2, 1986-1988, Giuffrè,
Milano, 1990, p. 283 sgg.) il contratto di apertura di credito in conto
corrente con garanzia ipotecaria è idoneo a costituire titolo esecutivo per
l'esecuzione forzata.
Ne segue,
quale corollario, l'obbligo per il notaio, se richiesto dal creditore, di
rilasciare copia in forma esecutiva del contratto di cui trattasi.
Lo studio
di Lops ha il pregio del superamento della dottrina tradizionale, pur autorevolissima, ma risalente, e
dell'altrettanto risalente giurisprudenza (pur con qualche recente
"reviviscenza").
E.
Fabiani (CNN Notizie 20.04.2000, n. 78) ha affrontato il problema,
pervenendo a soluzione opposta, tuttavia non sulla base di nuove motivazioni,
ma in base a quelle della dottrina tradizionale (cfr. Satta - Commentario al
codice di procedura civile, Vallardi, Milano, 1956/1965, III, Processo di
esecuzione, pag. 84), coeva di una giurisprudenza, la quale ha affermato à non solo che non può costituire titolo esecutivo l'atto
ricevuto da notaio che documenti il contratto di apertura di credito (Trib.
Napoli 25.01.1956, in Dir. e giur.,
1957, pag. 390; Trib. Pescara 11.03.1981, in Foro Napoletano, 1981, I,
pag. 139), ma anche che à non può
considerarsi esecutivo il titolo relativo ad un credito la cui esigibilità
dipenda dal verificarsi di una condizione, come nel caso di "mutuo
stipulato con la clausola risolutiva espressa" (App. Catania, 31.08.1957, in Giur. Sic., 1958, pag. 93;
conf.: Trib. Salerno 28.11.1958, in Dir. e giur., 1960, pag. 55; App. Catania, 17.02.1961, in
Giur. It., 1962, I, 2, pag. 412; App. Palermo, 17.02.1961, in Foro it.
1961, I, 1245), oppure che à non è
titolo esecutivo "un contratto preliminare di mutuo, non essendo, per sua
natura, produttivo di obbligazione di restituire" (Trib. Roma, 19.02.1964,
in Temi Romana, 1964, pag. 513) o "un atto notarile di mutuo che
ponga a carico del debitore l'onere degli interessi, per calcolare i quali
siano necessari conteggi complessi e difficili" ( App. Roma, 31 marzo
1953, in Temi romana, 1954, pag. 11).
Per
coerenza, Fabiani avrebbe dovuto anche affermare la inidoneità a costituire
titolo per l'esecuzione anche degli atti notarili contenenti contratti
preliminari di mutuo (che del resto possono non essere seguiti dall'atto di
erogazione e quietanza o possono esserlo da erogazioni di importo inferiore a
quello originariamente previsto o con modalità di calcolo degli interessi
diverse) o contratti di mutuo
"consensuale" con previsioni alternative e complesse di calcolo degli
interessi, a tasso fisso o variabile o misto ecc.).
Anche
perché l'indubitabile accennata diversità causale del mutuo consensuale rispetto all'apertura di credito (cfr.
Molle, I contratti bancari, in Trattato di diritto civile e commerciale già
diretto da Cicu e Messineo e continuato da Mengoni, Giuffrè, Milano, 1978, 153
sgg.) può rilevare o non rilevare ai fini della soluzione del problema, a
seconda dell'impostazione dei più generali e fondamentali problemi del rapporto
tra diritto e processo, tra diritto soggettivo e azione e, quindi, del problema
della costruzione dell'azione esecutiva e del titolo esecutivo (se vogliamo
restare nelle Dottrina tradizionale, si possono esaminare le teorie di
Carnelutti, di Denti, di Furno, di Liebmann, di Lugo, di Pugliatti, di Redenti, di Satta, di Zanzucchi, di
Conso).
Recentemente
Trimarchi conclude dubitativamente sul problema, prendendo per altro atto del
più recente orientamento, pur se espresso in via incidentale, della Cassazione,
e stabilendo alcuni punti fondamentali:
1. La
spedizione in forma esecutiva di un titolo non esecutivo non è in alcun modo
sanzionato dal legislatore.
2. La sede
in cui contestare la sussistenza di un titolo esecutivo è quella
dell'opposizione all'esecuzione (cfr. D. Podetti - Le opposizioni del debitore
nel processo esecutivo - Università degli Studi di Torino, r. G. Conso, 1971).
3. Tuttavia
del danno eventualmente subito dal debitore, per doversi opporre ad una
esecuzione forzata iniziata in base a titolo non idoneo a fondare l'esecuzione
stessa, il notaio, che ne abbia rilasciata copia in forma esecutiva, può essere ritenuto civilmente responsabile.
Di
fronte, per un verso, all'evoluzione della giurisprudenza, anche di
legittimità, in materia di titoli esecutivi stragiudiziali in genere (la quale
ha smentito le tesi della più risalente giurisprudenza sopra menzionata) e,
seppur in via meramente incidentale, anche in specie per quanto riguarda
l'argomento in oggetto (Cfr. Cass. 30 agosto 1995, n. 9195, in Foro it.,
Rep., 1995, v. Esecuzione in genere, 10, che presuppone l'idoneità a
costituire titolo esecutivo di un contratto di apertura di credito), per altro
verso, all'evoluzione della disciplina giuridica del credito bancario in genere
e fondiario in specie (v. in particolare il Testo Unico delle Leggi in
materia bancaria e creditizia) per
cui assume preminente importanza il concetto di "finanziamento",
restando in secondo piano il mezzo negoziale impiegato (assistiamo, nella
prassi, a mutui "concessi" per un certo importo, che poi vengono
erogati e si consolidano nel minor importo effettivamente necessario
all'impresa finanziata, esplicando così una funzione economica assai simile
all'apertura di credito e, per contro, ad aperture di credito con piani di
rientro, del tutto simili ai piani di ammortamento dei mutui e tali da
sostituire nella loro funzione
economica i mutui stessi), appare
non meritevole di accoglimento una soluzione che si riporta a soluzioni
di trent'anni or sono.
In
contrasto con una diffusa prassi del rilascio di copie in forma esecutiva anche
delle aperture di credito con garanzia ipotecaria contenute in atti pubblici
notarili, che (l'assenza di recente giurisprudenza specifica in materia ne è prova,
se non appunto quella della Cassazione che incidentalmente ammette l'idoneità
del contratto di apertura di credito a costituire titolo esecutivo) non ha mai
dato luogo a contenzioso, ad opposizione all'esecuzione.
In
contrasto inoltre con l'esigenza, sentita impellente si’ da determinare la
recente normativa di affidamento di alcune fasi del processo esecutivo ai
notai, di velocizzare le procedure esecutive e di sgravare gli organi
giudiziari di alcune incombenze, poiché, secondo la tesi tradizionale, qui
avversata, la banca creditrice dovrebbe provvedersi di un titolo esecutivo
giudiziale attraverso il procedimento per decreto ingiuntivo, allungando così i
tempi del realizzo del credito e oberando gli Organi Giudiziari di ulteriori
incombenze.
Appare
quindi condivisibile la tesi fatta propria dal Consiglio Nazionale del Notariato
nello studio pubblicato in "Studi e materiali", sopra citato,
sostenuta con argomenti tutt'ora validi da Lops, che ritiene titolo idoneo per
l'esecuzione forzata il contratto di apertura di credito in conto corrente con
garanzia ipotecaria, stipulato con atto pubblico notarile.
E
comunque gli eventuali dubbi fondati sulla eventualità che il credito possa
anche non sorgere devono ritenersi superati quando il finanziamento realizzato
attraverso tale forma negoziale sia stato erogato al momento del rilascio della
copia in forma esecutiva del contratto di cui trattasi.
Un altro
punto è opportuno chiarire, perché nello studio di Trimarchi, in ordine
all'annotazione in calce all'originale
del rilascio della copia in forma esecutiva (annotazione già prescritta
come obbligatoria dall'articolo 557 del Codice di procedura civile previgente,
cui faceva rinvio l'articolo 84 del Regolamento Notarile approvato con R.D. 10
settembre 1914, n. 1326, poi modificato dall'art. 61 del R.D. 23 ottobre 1924,
n. 1737), si riporta l'affermazione di
Boero (cfr. P. Boero, La legge Notarile Commentata, Torino, 1993, vol. II,
pag. 414) secondo la quale si tratterebbe, in assenza di analoga
prescrizione contenuta negli artt. 475, 476 c.p.c. vigente, di prassi contra
legem, ancorché giustificata dalla opportunità di evitare il rilascio, da parte
del notaio o del Conservatore dell'Archivio Notarile (nel caso gli atti siano
depositati presso l'Archivio), di altre copie in forma esecutiva oltre la prima
(salvo autorizzazione con decreto del Presidente del Tribunale), onde non
incorrere nella sanzione prevista dall'ultimo comma del citato art. 476 c.p.c.
Tale
tesi, secondo la quale si tratterebbe di annotazione non solo non più
obbligatoria, ma non consentita, si basa su una interpretazione del divieto di
cui all'articolo 59 della Legge Notarile a parere della maggioranza dei
commentatori della legge notarile non condivisibile.
Si è in
particolare osservato (Lasagna, Il Notaro e le sue funzioni, Genova, 1974,
Vol. III, p. 1174) che "Onde non cadere in interpretazioni assurde
dell'accennata disposizione, è d'uopo - ante omnia - determinare quale sia il
significato tecnico del termine "annotazioni", nella medesima usato.
La ratio della norma è quella di
impedire che, in assenza delle parti e quando ormai l'atto è pienamente
compiuto e, quindi intangibile, il Notaro possa aggiungere, al medesimo,
qualche disposizione non voluta delle parti o possa modificarlo, in qualche
punto. Pertanto, per "annotazione", non si deve e non si può, correttamente,
intendere ogni materiale apposizione di una qualsiasi indicazione, richiamo o
segno grafico sull'atto, in calce o a margine, ma bensì esclusivamente, quelle
note fatte dal Notaro, posteriormente alla formazione dell'atto, volte a
modificare il contenuto del medesimo od a togliergli ogni valore o ad
integrarlo e che, con l'atto stesso, abbiano uno stretto legame.
Solamente,
quindi, negli anzidetti limiti, si potrà parlare di un divieto di fare
annotazioni sugli originali degli atti notarili: pertanto non si potrebbe
ravvisare violazione dell'art. 59 L.N., qualora il Notaro apponesse, su di un
originale, un timbro riproducente le sue generalità e la residenza, o, tanto
meno, il numero del repertorio.".
A parte
le surriportate considerazioni di carattere generale, si osserva come gran
parte della dottrina abbia ritenuto che l'annotazione relativa al rilascio
della copia in forma esecutiva, da taluno classificata - pur nel silenzio della
legge in merito - tra quelle
obbligatorie (cfr. Falzone Carusi, Dizionario del Notariato, Roma ,
1954, pag. 241; Lenzi, Il Notaio
e l'Atto Notarile, Pisa, 1950, pag. 235; Ripa, Diritto e pratica
notarile, Roma, 1972, pag. 161; Lovato Avanzini, Formulario degli Atti
Notarili, UTET, 1969, pag. 27), sia
comunque facoltativa e sicuramente non vietata (Cfr. Lasagna, op. cit.,
1176; Falzone, Manuale pratico del
notaio, Roma, 1968, pag. 84).
Concludendo queste note sul rilascio di copie
in forma esecutiva di atti notarili per i quali possa essere discutibile se
siano annoverabili tra i titoli esecutivi , è vero che la spedizione in forma
esecutiva di un titolo non esecutivo non è sanzionato dal legislatore, però è
anche vero che ciò può dar luogo a responsabilità civile del notaio verso le
parti.
Sarebbe
perciò a mio parere opportuno uno studio approfondito sui titoli esecutivi
notarili, non limitato alla sola fattispecie dell'apertura di credito (che tra
l'altro, nella prassi è ormai assurta alla
funzione di mezzo di "finanziamento", con utilizzo non
meramente eventuale, ma "normale" del capitale reso disponibile), che
prenda in considerazione tutta la varietà di contratti ed atti che
predisponiamo sulle indicazioni delle Banche ed Istituti di credito.